lunedì 17 giugno 2019

Gattini e scimmiette


Quando mi capita di rispondere a qualcuno che vuole saperne un po' di più riguardo alla terapia cognitivo-comportamentale, quasi sempre mi ritrovo a spiegare, tra le altre cose, che solitamente chi segue questo approccio non lavora con i sogni e soprattutto non li "decodifica" alla maniera del caro vecchio zio Sigmund (Freud), anche se un po' tutti abbiamo letto L'interpretazione dei sogni e ne siamo rimasti affascinati. A volte il mio interlocutore, che si aspetta di intavolare un'avvincente discussione sui misteri dell'inconscio e sui desideri rimossi, rimane un po' deluso da questa risposta, ma in genere si tratta di una delusione di breve durata...

Sigmund Freud



Da un punto di vista squisitamente cognitivista il "lavoro onirico" compiuto dal cervello rappresenta, in estrema sintesi, il tentativo (o meglio una serie di tentativi) di risolvere dei problemi. Il nostro organo più complesso e prezioso, durante il sonno, è libero dal doversi occupare delle attività diurne e tenta di ottimizzare le sue risorse dedicandosi ad affrontare gli ostacoli che per noi sono più difficili da superare, e che possono essere di diversa natura: il dolore per la morte di un nostro caro, la fine di una relazione amorosa, le difficoltà sul luogo di lavoro, il nostro senso di inadeguatezza nei confronti degli altri, un fallimento nel percorso di studi, il trauma conseguente ad un incidente in cui siamo rimasti coinvolti o a cui abbiamo assistito, il non riuscire a comunicare con qualcuno che è importante per noi...

Gli esempi potrebbero essere moltissimi e non ci sono problemi "grandi" o "piccoli", con una diversa priorità d'accesso alla dimensione dei sogni: ci sono problemi che per noi hanno un peso specifico maggiore in un dato momento, alla luce di quella che è la nostra storia personale, e che ci parlano dei nostri temi-chiave (degli schemi di base da cui derivano i nostri pensieri, le nostre emozioni ed i nostri comportamenti), dei nostri bisogni fondamentali, esprimendosi anche attraverso simboli ed immagini a volte apparentemente lontani dalla nostra realtà quotidiana, ma che possiamo leggere esattamente come, in psicoterapia, impariamo a leggere gli eventi di tutti i giorni.

Anubi
Ebbene, qualche tempo fa ho fatto un sogno che mi ha particolarmente colpita. Pur ricordandomi, anche durante il sogno, di vivere da qualche anno con un meraviglioso gatto nero di 10 anni di nome Anubi, creatura estremamente dolce ma anche piuttosto impegnativa per la quantità di attenzioni che richiede, mi ritrovavo a desiderare ardentemente di avere un altro gatto. Mi sentivo proprio come quando, da ragazzina, avevo insistito a lungo in casa per la stessa ragione, fino a quando avevo superato la resistenza materna ed era giunta nella nostra casa Isotta, che ci tenne compagnia per 13 anni.

Nel sogno quindi mi vedevo totalmente assorbita da questo desiderio, proprio come allora, ed allo stesso tempo ero consapevole del fatto che non sarebbe stato facile realizzarlo, perché avrei dovuto affrontare tra l'altro la quasi certa gelosia di Anubi... Ed ecco che, all'improvviso, qualcosa mi distrae dai miei pensieri: mi accorgo di avere sulla spalla destra una scimmietta. Ma non una scimmietta qualsiasi: una scimmietta particolarmente bruttina e sgraziata (e lo dico da appassionata di primati... Quella che vedete in foto è molto simile, ma nell'immediato mi era sembrata ancora più bruttarella), piccola e... Anche un po' rompiscatole: tentavo infatti di farla scendere dalla mia spalla, prima con le buone e poi scrollando più vigorosamente il braccio, prendendomela con la sua ostinazione a restare saldamente aggrappata al suo sostegno, ma niente, non ne voleva sapere di andarsene.


Dopo un po' di tempo speso a lottare inutilmente, frustrata per la caparbietà della scimmietta (che ribadiva la sua ferma volontà di stare al suo posto lanciando ogni tanto qualche urletto), mi sono fermata e mi sono detta: "Ok. Questa pallina di pelo che non si vuole separare dalla mia spalla per nessun motivo non è sicuramente il gattino che desideravo. Vorrei non averla addosso, ma mi è capitata, e chissà: forse nemmeno lei, se avesse potuto scegliere, sarebbe finita proprio in mia compagnia. Però per qualche ragione è qui con me. Forse posso tentare di "far pace" con la scimmietta e possiamo passare il tempo insieme, in qualche modo, forse posso provare a giocare con lei. E poi magari, se non cerco per forza di disarcionarla, allenterà un po' la sua presa tenace e non mi darà più così fastidio".


Mi sono girata verso la scimmietta e, con la mano sinistra, ho provato ad accarezzarla sulla testa. Certo, non era proprio una gran bella scimmietta, ma era morbida e sembrava che il mio tocco le piacesse, non ha avuto nessuna reazione negativa, anzi... Si è tranquillizzata immediatamente. Dopo pochi istanti mi son ritrovata a pensare: "Bé, forse potrebbe anche essere una cosa originale e divertente andare in giro con quest'animaletto sulla spalla". Ma subito dopo... Ho sentito qualcosa che mi sfiorava la caviglia: ho guardato in basso, e... Eccolo lì, il gattino che tanto avevo desiderato si stava placidamente strusciando cercando di attirare la mia attenzione. Ho provato una gioia immediata... Velata da un filo di delusione, nel momento in cui mi sono accorta che, nel frattempo, la scimmietta era scomparsa.


Ho riflettuto sul sogno appena mi sono svegliata, e ho pensato subito che avesse a che fare con una questione piuttosto importante per me, la mia difficoltà ad accettare "costrizioni" e a volte... Ad accettare, in generale: un fastidio temporaneo, un dolore fisico, una seccatura, un fatto che non posso proprio cambiare... Ho pensato che il sogno mi aveva suggerito una buona soluzione: una soluzione che richiama fortemente uno degli approcci che fanno parte delle terapie cognitivo-comportamentali "di terza generazione", l'ACT. Ho considerato che sarebbe stato importante e positivo, per me, cogliere ogni occasione per esercitarmi all'accettazione, per migliorare la mia capacità di "stare" anche in situazioni non sempre comode o ideali, senza cessare nello stesso tempo di muovermi verso i miei obiettivi.

Comunemente si dice che proprio quando smettiamo di inseguire forsennatamente ciò che desideriamo, proprio quando alla fine sembriamo essercene dimenticati, quel qualcosa irrompe nella nostra vita (un nuovo amore, il lavoro che abbiamo sempre sognato, un generico colpo di fortuna...). Ma probabilmente è molto più di così: quando impariamo a darci la possibilità di accettare il presente, qualsiasi cosa esso ci proponga, senza tentare di allontanare ogni fastidio e permettendoci di essere anche in quella condizione, aprendoci agli altri e al mondo in maniera incondizionata, ci rendiamo conto che non ci occorre realmente inseguire qualcosa o qualcuno, e che possiamo scoprire di avere in noi un'inesauribile capacità di accogliere.

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