Quando mi capita di
rispondere a qualcuno che vuole saperne un po' di più riguardo alla terapia cognitivo-comportamentale,
quasi sempre mi ritrovo a spiegare, tra le altre cose, che solitamente chi
segue questo approccio non lavora con i sogni e soprattutto non li "decodifica"
alla maniera del caro vecchio zio Sigmund (Freud), anche se un
po' tutti abbiamo letto L'interpretazione dei sogni
e ne siamo rimasti affascinati. A volte il mio interlocutore, che si
aspetta di intavolare un'avvincente discussione sui misteri dell'inconscio e
sui desideri rimossi, rimane un po'
deluso da questa risposta, ma in genere si tratta di una delusione di breve
durata...
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Sigmund Freud |
Da un punto di vista squisitamente
cognitivista il "lavoro onirico" compiuto dal cervello rappresenta, in
estrema sintesi, il tentativo (o meglio una
serie di tentativi) di risolvere dei problemi. Il nostro organo più
complesso e prezioso, durante il sonno, è libero dal doversi occupare delle
attività diurne e tenta di ottimizzare le sue risorse dedicandosi ad affrontare
gli ostacoli che per noi sono più difficili da superare, e che possono essere
di diversa natura: il dolore per la morte di un nostro caro, la fine di una
relazione amorosa, le difficoltà sul luogo di lavoro, il nostro senso di
inadeguatezza nei confronti degli altri, un fallimento nel percorso di studi,
il trauma conseguente ad un incidente in cui siamo rimasti coinvolti o a cui
abbiamo assistito, il non riuscire a comunicare con qualcuno che è importante
per noi...
Gli esempi potrebbero essere
moltissimi e non ci sono problemi "grandi" o "piccoli", con
una diversa priorità d'accesso alla dimensione dei sogni: ci sono problemi che
per noi hanno un peso specifico maggiore in un dato momento, alla luce di quella
che è la nostra storia personale, e che ci parlano dei nostri temi-chiave (degli
schemi di base da cui derivano i nostri pensieri, le nostre
emozioni ed i nostri comportamenti), dei nostri bisogni fondamentali, esprimendosi anche attraverso simboli ed
immagini a volte apparentemente lontani dalla nostra realtà quotidiana, ma che
possiamo leggere esattamente come, in psicoterapia, impariamo a leggere gli
eventi di tutti i giorni.
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Anubi |
Ebbene, qualche tempo fa ho
fatto un sogno che mi ha particolarmente colpita. Pur ricordandomi, anche
durante il sogno, di vivere da qualche anno con un meraviglioso gatto nero di 10
anni di nome Anubi, creatura estremamente dolce ma anche piuttosto impegnativa per
la quantità di attenzioni che richiede, mi ritrovavo a desiderare ardentemente
di avere un altro gatto. Mi sentivo proprio come quando, da ragazzina, avevo
insistito a lungo in casa per la stessa ragione, fino a quando avevo superato
la resistenza materna ed era giunta nella nostra casa Isotta, che ci tenne
compagnia per 13 anni.
Nel sogno quindi mi vedevo
totalmente assorbita da questo desiderio, proprio come allora, ed allo stesso
tempo ero consapevole del fatto che non sarebbe stato facile realizzarlo,
perché avrei dovuto affrontare tra l'altro la quasi certa gelosia di Anubi...
Ed ecco che, all'improvviso, qualcosa mi distrae dai miei pensieri: mi accorgo
di avere sulla spalla destra una
scimmietta. Ma non una scimmietta qualsiasi: una scimmietta particolarmente
bruttina e sgraziata (e lo dico da appassionata di primati... Quella che vedete
in foto è molto simile, ma nell'immediato mi era sembrata ancora più
bruttarella), piccola e... Anche un po' rompiscatole: tentavo infatti di farla
scendere dalla mia spalla, prima con le buone e poi scrollando più
vigorosamente il braccio, prendendomela con la sua ostinazione a restare
saldamente aggrappata al suo sostegno, ma niente, non ne voleva sapere di
andarsene.
Dopo un po' di tempo speso a
lottare inutilmente, frustrata per la caparbietà della scimmietta (che ribadiva
la sua ferma volontà di stare al suo posto lanciando ogni tanto qualche
urletto), mi sono fermata e mi sono detta: "Ok.
Questa pallina di pelo che non si vuole separare dalla mia spalla per nessun
motivo non è sicuramente il gattino che desideravo. Vorrei non averla addosso,
ma mi è capitata, e chissà: forse nemmeno lei, se avesse potuto scegliere,
sarebbe finita proprio in mia compagnia. Però per qualche ragione è qui con me.
Forse posso tentare di "far pace" con la scimmietta e possiamo
passare il tempo insieme, in qualche modo, forse posso provare a giocare con
lei. E poi magari, se non cerco per forza di disarcionarla, allenterà un po' la
sua presa tenace e non mi darà più così fastidio".
Mi sono girata verso la
scimmietta e, con la mano sinistra, ho provato ad accarezzarla sulla testa.
Certo, non era proprio una gran bella scimmietta, ma era morbida e sembrava che
il mio tocco le piacesse, non ha avuto nessuna reazione negativa, anzi... Si è
tranquillizzata immediatamente. Dopo pochi istanti mi son ritrovata a pensare: "Bé, forse potrebbe anche essere una
cosa originale e divertente andare in giro con quest'animaletto sulla
spalla". Ma subito dopo... Ho sentito qualcosa che mi sfiorava la
caviglia: ho guardato in basso, e... Eccolo lì, il gattino che tanto avevo
desiderato si stava placidamente strusciando cercando di attirare la mia
attenzione. Ho provato una gioia immediata... Velata da un filo di delusione,
nel momento in cui mi sono accorta che, nel frattempo, la scimmietta era
scomparsa.
Ho riflettuto sul sogno
appena mi sono svegliata, e ho pensato subito che avesse a che fare con una
questione piuttosto importante per me, la mia difficoltà ad accettare
"costrizioni" e a volte... Ad accettare, in generale:
un fastidio temporaneo, un dolore fisico, una seccatura, un fatto che non posso
proprio cambiare... Ho pensato che il sogno mi aveva suggerito una buona
soluzione: una soluzione che richiama fortemente uno degli approcci che fanno
parte delle terapie
cognitivo-comportamentali "di terza generazione", l'ACT. Ho considerato che sarebbe stato importante e positivo,
per me, cogliere ogni occasione per esercitarmi all'accettazione, per
migliorare la mia capacità di "stare"
anche in situazioni non sempre comode o ideali, senza cessare nello stesso
tempo di muovermi verso i miei obiettivi.
Comunemente si dice che
proprio quando smettiamo di inseguire forsennatamente ciò che desideriamo, proprio
quando alla fine sembriamo essercene dimenticati, quel qualcosa irrompe nella
nostra vita (un nuovo amore, il lavoro che abbiamo sempre sognato, un generico colpo
di fortuna...). Ma probabilmente è molto più di così: quando impariamo a darci
la possibilità di accettare il presente, qualsiasi
cosa esso ci proponga, senza tentare di allontanare ogni fastidio e
permettendoci di essere anche in
quella condizione, aprendoci agli altri e al mondo in maniera incondizionata,
ci rendiamo conto che non ci occorre realmente inseguire qualcosa o qualcuno, e che possiamo scoprire di avere
in noi un'inesauribile capacità di accogliere.
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