Visualizzazione post con etichetta evitamento. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta evitamento. Mostra tutti i post
giovedì 1 agosto 2019
lunedì 17 giugno 2019
Gattini e scimmiette
Quando mi capita di
rispondere a qualcuno che vuole saperne un po' di più riguardo alla terapia cognitivo-comportamentale,
quasi sempre mi ritrovo a spiegare, tra le altre cose, che solitamente chi
segue questo approccio non lavora con i sogni e soprattutto non li "decodifica"
alla maniera del caro vecchio zio Sigmund (Freud), anche se un
po' tutti abbiamo letto L'interpretazione dei sogni
e ne siamo rimasti affascinati. A volte il mio interlocutore, che si
aspetta di intavolare un'avvincente discussione sui misteri dell'inconscio e
sui desideri rimossi, rimane un po'
deluso da questa risposta, ma in genere si tratta di una delusione di breve
durata...
![]() |
Sigmund Freud |
Da un punto di vista squisitamente
cognitivista il "lavoro onirico" compiuto dal cervello rappresenta, in
estrema sintesi, il tentativo (o meglio una
serie di tentativi) di risolvere dei problemi. Il nostro organo più
complesso e prezioso, durante il sonno, è libero dal doversi occupare delle
attività diurne e tenta di ottimizzare le sue risorse dedicandosi ad affrontare
gli ostacoli che per noi sono più difficili da superare, e che possono essere
di diversa natura: il dolore per la morte di un nostro caro, la fine di una
relazione amorosa, le difficoltà sul luogo di lavoro, il nostro senso di
inadeguatezza nei confronti degli altri, un fallimento nel percorso di studi,
il trauma conseguente ad un incidente in cui siamo rimasti coinvolti o a cui
abbiamo assistito, il non riuscire a comunicare con qualcuno che è importante
per noi...
Gli esempi potrebbero essere
moltissimi e non ci sono problemi "grandi" o "piccoli", con
una diversa priorità d'accesso alla dimensione dei sogni: ci sono problemi che
per noi hanno un peso specifico maggiore in un dato momento, alla luce di quella
che è la nostra storia personale, e che ci parlano dei nostri temi-chiave (degli
schemi di base da cui derivano i nostri pensieri, le nostre
emozioni ed i nostri comportamenti), dei nostri bisogni fondamentali, esprimendosi anche attraverso simboli ed
immagini a volte apparentemente lontani dalla nostra realtà quotidiana, ma che
possiamo leggere esattamente come, in psicoterapia, impariamo a leggere gli
eventi di tutti i giorni.
![]() |
Anubi |
Ebbene, qualche tempo fa ho
fatto un sogno che mi ha particolarmente colpita. Pur ricordandomi, anche
durante il sogno, di vivere da qualche anno con un meraviglioso gatto nero di 10
anni di nome Anubi, creatura estremamente dolce ma anche piuttosto impegnativa per
la quantità di attenzioni che richiede, mi ritrovavo a desiderare ardentemente
di avere un altro gatto. Mi sentivo proprio come quando, da ragazzina, avevo
insistito a lungo in casa per la stessa ragione, fino a quando avevo superato
la resistenza materna ed era giunta nella nostra casa Isotta, che ci tenne
compagnia per 13 anni.
Nel sogno quindi mi vedevo
totalmente assorbita da questo desiderio, proprio come allora, ed allo stesso
tempo ero consapevole del fatto che non sarebbe stato facile realizzarlo,
perché avrei dovuto affrontare tra l'altro la quasi certa gelosia di Anubi...
Ed ecco che, all'improvviso, qualcosa mi distrae dai miei pensieri: mi accorgo
di avere sulla spalla destra una
scimmietta. Ma non una scimmietta qualsiasi: una scimmietta particolarmente
bruttina e sgraziata (e lo dico da appassionata di primati... Quella che vedete
in foto è molto simile, ma nell'immediato mi era sembrata ancora più
bruttarella), piccola e... Anche un po' rompiscatole: tentavo infatti di farla
scendere dalla mia spalla, prima con le buone e poi scrollando più
vigorosamente il braccio, prendendomela con la sua ostinazione a restare
saldamente aggrappata al suo sostegno, ma niente, non ne voleva sapere di
andarsene.
Dopo un po' di tempo speso a
lottare inutilmente, frustrata per la caparbietà della scimmietta (che ribadiva
la sua ferma volontà di stare al suo posto lanciando ogni tanto qualche
urletto), mi sono fermata e mi sono detta: "Ok.
Questa pallina di pelo che non si vuole separare dalla mia spalla per nessun
motivo non è sicuramente il gattino che desideravo. Vorrei non averla addosso,
ma mi è capitata, e chissà: forse nemmeno lei, se avesse potuto scegliere,
sarebbe finita proprio in mia compagnia. Però per qualche ragione è qui con me.
Forse posso tentare di "far pace" con la scimmietta e possiamo
passare il tempo insieme, in qualche modo, forse posso provare a giocare con
lei. E poi magari, se non cerco per forza di disarcionarla, allenterà un po' la
sua presa tenace e non mi darà più così fastidio".
Mi sono girata verso la
scimmietta e, con la mano sinistra, ho provato ad accarezzarla sulla testa.
Certo, non era proprio una gran bella scimmietta, ma era morbida e sembrava che
il mio tocco le piacesse, non ha avuto nessuna reazione negativa, anzi... Si è
tranquillizzata immediatamente. Dopo pochi istanti mi son ritrovata a pensare: "Bé, forse potrebbe anche essere una
cosa originale e divertente andare in giro con quest'animaletto sulla
spalla". Ma subito dopo... Ho sentito qualcosa che mi sfiorava la
caviglia: ho guardato in basso, e... Eccolo lì, il gattino che tanto avevo
desiderato si stava placidamente strusciando cercando di attirare la mia
attenzione. Ho provato una gioia immediata... Velata da un filo di delusione,
nel momento in cui mi sono accorta che, nel frattempo, la scimmietta era
scomparsa.
Ho riflettuto sul sogno
appena mi sono svegliata, e ho pensato subito che avesse a che fare con una
questione piuttosto importante per me, la mia difficoltà ad accettare
"costrizioni" e a volte... Ad accettare, in generale:
un fastidio temporaneo, un dolore fisico, una seccatura, un fatto che non posso
proprio cambiare... Ho pensato che il sogno mi aveva suggerito una buona
soluzione: una soluzione che richiama fortemente uno degli approcci che fanno
parte delle terapie
cognitivo-comportamentali "di terza generazione", l'ACT. Ho considerato che sarebbe stato importante e positivo,
per me, cogliere ogni occasione per esercitarmi all'accettazione, per
migliorare la mia capacità di "stare"
anche in situazioni non sempre comode o ideali, senza cessare nello stesso
tempo di muovermi verso i miei obiettivi.
Comunemente si dice che
proprio quando smettiamo di inseguire forsennatamente ciò che desideriamo, proprio
quando alla fine sembriamo essercene dimenticati, quel qualcosa irrompe nella
nostra vita (un nuovo amore, il lavoro che abbiamo sempre sognato, un generico colpo
di fortuna...). Ma probabilmente è molto più di così: quando impariamo a darci
la possibilità di accettare il presente, qualsiasi
cosa esso ci proponga, senza tentare di allontanare ogni fastidio e
permettendoci di essere anche in
quella condizione, aprendoci agli altri e al mondo in maniera incondizionata,
ci rendiamo conto che non ci occorre realmente inseguire qualcosa o qualcuno, e che possiamo scoprire di avere
in noi un'inesauribile capacità di accogliere.
Etichette:
accettare,
accettare senza giudicare,
ACT,
atteggiamento,
desideri,
dolore,
evitamento,
Freud,
gattini,
obiettivi,
scimmiette,
sogni,
Terapia Cognitivo-Comportamentale
sabato 7 ottobre 2017
lunedì 23 marzo 2015
Le fobie
A
differenza della paura, emozione che è comune a tutti noi e che viene sperimentata
nel momento in cui ci troviamo di fronte ad un potenziale pericolo, di fronte
cioè a qualcosa che potrebbe costituire per noi un rischio concreto (un animale
feroce, una macchina che si avvicina sbandando a forte velocità, un
incendio...), costituendo perciò una risposta adattiva da parte del nostro
cervello che così "ci mette in allarme" e ci spinge a metterci al
sicuro, o ad adottare comportamenti di protezione, le fobie sono in effetti
paure riferite a qualcosa che non può costituire un pericolo reale, e
rappresentano perciò l'esito di una reazione eccessiva e non adattiva:
nonostante ciò, le sensazioni fisiologiche che possiamo percepire quando siamo
alle prese con qualcuna di esse sono assolutamente reali, e ricalcano in pieno
quelle che sperimentiamo in una situazione di rischio autentico.
La
fobia deriva da un processo di apprendimento per associazione, il condizionamento
classico: un oggetto o una situazione non realmente
pericolosi vengono associati alla sensazione di pericolo, all'emozione
della paura (che, come dicevamo è invece assolutamente reale);
quest'associazione viene mantenuta nel tempo e rinforzata dall'evitamento che
il soggetto mette in atto come "contromisura" per non provare più
tali sgradevoli sensazioni, mantenendosi dunque a distanza dall'oggetto o dalla
situazione in questione.
Può
accadere che la persona non ricordi l'occasione in cui è avvenuta l'associazione
tra l'oggetto/la situazione e la paura; allo stesso modo, il soggetto può non
essere sempre del tutto consapevole di mettere in atto un evitamento, e
semplicemente... Può avvenire che lo utilizzi, sperimentando tuttavia le
sensazioni fisiologiche della paura (tensione muscolare e tremore,
tachicardia, sudorazione eccessiva, spossatezza, disturbi a livello gastrico e
urinario, arrossamento e calore al viso, senso di soffocamento...) non
appena l'elemento temuto viene "avvicinato", o anche solo pensato.
Il
meccanismo dell'evitamento è però estremamente subdolo: il provare
sollievo dalla paura senza di fatto aver provato a fronteggiarla, infatti, non
fa altro che "confermare" falsamente che quello specifico oggetto o
quella situazione sono realmente pericolosi, convincendoci che se stiamo bene è
solo perché li abbiamo evitati: in poche parole, non diamo a noi stessi la
possibilità di mettere in discussione (disconfermare) la nostra fobia, e il
risultato è che la rinforziamo.
Questo
può avere esiti molto pesanti sulle nostre abitudini e sulla nostra vita,
portandoci ad auto-limitarci, a rinunciare ad esperienze nuove e piacevoli da
fare da soli o insieme agli altri, in alcuni casi anche a metterci,
paradossalmente, in altre (concrete) situazioni di pericolo. Pensiamo, ad
esempio, ad una persona che ha la fobia degli aghi e che dunque eviterà
di fare qualunque tipo di esame del sangue, con tutti i potenziali rischi
conseguenti per la propria salute; oppure, a proposito di limitazioni alla
propria vita sociale ed alle proprie esperienze, immaginiamo la vita di una
persona con agorafobia, costretta in spazi limitati, talvolta
limitatissimi.
Le
tecniche più efficaci comunemente utilizzate in Terapia
Cognitivo-Comportamentale (TCC) per affrontare e superare le fobie sono la Desensibilizzazione
Sistematica (DS), sviluppata da Wolpe negli anni '50 del secolo scorso, ed
abbinata al Rilassamento Muscolare Progressivo di Jacobson; l'esposizione
in vivo,
ed ultimamente -nonché sempre più frequentemente- anche l'ipnosi.
Il trattamento di una fobia è generalmente di durata breve o media.
Etichette:
agorafobia,
apprendimento,
condizionamento,
desensibilizzazione sistematica,
esposizione,
evitamento,
fobia,
ipnosi,
paura,
rilassamento muscolare,
Terapia Cognitivo-Comportamentale
lunedì 30 giugno 2014
Preoccupazioni, rimuginazioni, ossessioni
Come avviene per l'ansia, la quale in origine ha per
noi tutti una funzione adattiva, e perciò positiva (ci porta a focalizzare la
nostra attenzione su un determinato problema che dobbiamo risolvere), la
cosiddetta "preoccupazione" favorisce la concentrazione su qualcosa
che per noi è importante affrontare in un dato momento. Preoccuparci aumenta la
nostra soglia di vigilanza e ci "aiuta" perciò a prevedere e
successivamente fronteggiare, qualora si presentino, eventuali pericoli e/o
rischi.
Talvolta,
però, la preoccupazione può protrarsi andando ben al di là del suo ruolo
adattivo, diventando incontrollabile o percepita come
tale dalla persona che la sperimenta. In certi casi, si arriva ad
"arrendersi" di fronte a questo fenomeno e la preoccupazione ansiosa
diventa di fatto come una sorta di abitudine, per
quanto sterile e dannosa sia: chi non riesce a smettere di preoccuparsi (o non
prova neanche più a smettere) sperimenta una continua interferenza nelle
proprie attività, compresi tra queste i tentativi di risoluzione dei problemi
che sono oggetto della stessa preoccupazione (si ottiene esattamente l'effetto
opposto rispetto all'intento originario).
C'è
una differenza fondamentale tra le preoccupazioni appena descritte e le ossessioni
propriamente dette, per quanto il livello di disagio percepito dalla persona
che ha a che fare con queste problematiche possa essere ugualmente intenso: nel
primo caso ci riferiamo infatti a pensieri che, pur essendo "eccessivi"
per quantità e qualità, sono in linea con le credenze ed il sistema di valori
dell'individuo (in termine tecnico, le proccupazioni ansiose sono "egosintoniche");
nel secondo caso, al contrario, si tratta di pensieri che la persona vive come
estranei e dissonanti rispetto a sé (le ossessioni sono "egodistoniche").
Un'altra
distinzione che possiamo fare è quella tra preoccupazioni (rivolte sempre al
futuro) e rimuginazioni (rivolte al passato): tutti, in effetti, tendiamo a
"rimuginare" su determinate esperienze, particolarmente cariche dal
punto di vista emotivo. "Riviviamo" immagini, parole, sensazioni... A
volte questo processo dura solo qualche minuto, a volte molto di più, anche dei
mesi. Talvolta ricaviamo da tale attività qualche riflessione o conclusione che
può tornarci utile, ma molto più spesso il pensiero tende ad avvitarsi su se
stesso e, come avevamo visto accadere per le preoccupazioni (e questa è una
caratteristica comune) si annulla la resistenza del soggetto, esattamente il
contrario di quanto avviene con le ossessioni (che sono disturbanti, ancor più
che per la loro intrusività, a causa dello sforzo che la persona compie nel
tentativo di eliminarle).
Ci sono diverse tipologie di "esperienze
mentali" che non possono essere definite ossessioni, ad esempio:
- le rimuginazioni, i rimpianti che seguono una perdita/un lutto
- i pensieri, le immagini legati ad un'esperienza traumatica (per es. un incidente)
- le "intrusioni" mentali che si hanno nell'astinenza (per es., quando si smette di fumare ed il pensiero va continuamente alla sigaretta)
- le preoccupazioni per la salute in chi è ipocondriaco
- le sensazioni, i pensieri che accompagnano il dolore cronico
Dobbiamo
poi ricordare che non tutti i pensieri che sperimentiamo come intrusivi hanno
una valenza negativa: consideriamo ad esempio l'esperienza dell'innamoramento,
o di una gioia intensa.
Quelle che definiamo come ossessioni presentano
quattro caratteristiche distintive:
- sono pensieri, impulsi oppure immagini che si presentano costantemente e che sono vissuti come inappropriati, e causano inoltre disagio ed ansia a livello importante;
- non consistono in semplici preoccupazioni inerenti la vita reale della persona;
- il soggetto tenta di ignorare o eliminare questi pensieri, impulsi ed immagini sostituendoli con altri pensieri e/o azioni;
- la persona è consapevole che questi elementi sono prodotti dalla propria mente, e non vengono "imposti" da una fonte esterna (così come sarebbero percepiti nell'esperienza delirante).
Nella maggior parte dei casi le ossessioni prendono la
forma di immagini, spesso sgradevoli o violente, talvolta sacrileghe (dando in
questo caso origine ad una serie di dubbi sulla propria moralità e sul proprio
equilibrio psichico); altre volte non vi è in queste immagini qualche
caratteristica particolare, ma esse risultano ugualmente disturbanti per il
loro sopraggiungere improvviso ed indesiderato. Alcuni esempi fra i molti
possibili:
- pensieri e sensazioni di disgusto riguardanti lo sporco, come il pensiero di poter contrarre una malattia toccando oggetti toccati precedentemente da altri (accompagnati da comportamenti di evitamento e rituali di pulizia),
- pensieri e dubbi di aver danneggiato qualcuno o qualcosa per distrazione o sbadataggine (per es., dubbio di aver investito qualcuno guidando),
- pensieri e paure relativi a ciò che riguarda la morte (ad es., rifiuto di passare davanti ad un cimitero),
- immagini ed impulsi che riguardano il fare del male a qualcuno (aggredendolo, ad es., o spingendolo sui binari del treno...),
- ossessioni riguardanti l'ordine e la simmetria.
Bibliografia:
E.Sanavio (2014), Ossessioni.
Bologna, il Mulino - Farsi un'idea
Iscriviti a:
Post (Atom)