Quando ci sentiamo depressi e senza energie facciamo
un'estrema fatica anche solo a pensare di metterci a fare qualcosa.
Meditiamo su una serie di attività da intraprendere, ma non sentiamo entusiasmo
per nessuna di queste; trascorriamo i nostri giorni avvolti in una sorta di
torpore, come se fossimo in letargo in attesa di tempi migliori (in attesa che
migliori il nostro umore, che migliori la nostra vita...) e tendiamo a restare
in attesa di trovare la motivazione, che però sembra non giungere mai.
Pensiamo che fare qualcosa ci costerebbe troppa
fatica, ci sentiamo incapaci di agire e per questo ci colpevolizziamo,
alimentando un circolo vizioso che ci rende sempre più depressi. Come uscirne?
Proviamo a "pensare al contrario", rovesciando
per così dire la motivazione. Immaginiamo di decidere di fare alcune cose nonostante
questa non ci sia: compiliamo un elenco di attività che di solito ci fanno
stare bene, e scegliamo di praticarle ogni giorno per una settimana, senza
attendere di "sentircela". Facciamole, e basta. La convinzione di
"dovercela sentire", quando pensiamo di metterci in azione, è infatti
una vera e propria trappola, e ci blocca: la nostra immobilità è causata
proprio dal fatto che in questo caso il nostro comportamento è conseguenza
della motivazione (che non c'è). Possiamo però, come dicevamo, ribaltare il
ragionamento e trasformarci in persone che creano la motivazione tramite il loro
comportamento: se ci pensiamo, molte volte ci sarà senz'altro capitato di
fare qualcosa senza particolare convinzione, o in qualche caso anche
forzatamente (per esempio uscire con gli amici, oppure andare ad allenarci), e
poi accorgerci alla fin fine di star meglio, per il fatto di aver comunque
fatto qualcosa di concreto per il nostro benessere.
Il dire a noi stessi che "non siamo
motivati" a fare qualcosa che peraltro ci porterebbe dei vantaggi
(aggiungendo spiegazioni come "è davvero difficile", "non sono
pronto a farlo", "non ne vale la pena" ecc.) è in fondo solo un
altro modo per affermare che non ne abbiamo voglia. Ma un conto è "avere
voglia" ed un altro è "essere disposti" a fare una determinata
cosa. E noi siamo in gradi di disporci a fare qualcosa, anche se
non ci attira. Se ci guardiamo indietro, ritroveremo tante occasioni in cui
abbiamo dovuto superare un certo livello di disagio per agire, eppure l'abbiamo
fatto, utilizzando la nostra capacità di autodisciplinarci; in seguito ci siamo
sentiti più forti, più fiduciosi, sicuramente più determinati.
Ricordare episodi come questi ci riporta alla mente
che per ottenere dei miglioramenti dovremo sempre, necessariamente, mettere in
conto una certa dose di fatica e difficoltà. Per perdere peso dovremo fare
attività fisica; per affrontare le nostre paure ci dovremo mettere nella
condizione di sperimentare ansia, ecc.; diventa dunque importantissimo
concentrarci sulla nostra capacità di sopportare il disagio, o meglio di
vederlo come disagio costruttivo. Ecco alcuni semplici esercizi
che possono aiutarci:
- ripensiamo alle attività che in passato non avevamo voglia di intraprendere, ma in cui ci siamo messi in gioco comunque;
- colleghiamo il disagio all'orgoglio: tra le cose che abbiamo fatto nella vita, ciò di cui andiamo fieri ha comportato un certo livello di disagio e fatica?
- attribuiamo a noi stessi una quota di disagio: riflettiamo su come le cose che facciamo nonostante l'assenza di voglia siano collegate a degli obiettivi;
- ricordiamo che il disagio è sempre, in ogni caso, temporaneo.
Bibliografia:
Robert L. Leahy (2012), Come sconfiggere la
depressione. Un percorso di autoaiuto. Milano, Raffaello Cortina
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