Disarming innocence, Ph. John Wilhelm
Sembra quasi scontato affermare che i nostri pensieri sono, in effetti, semplicemente pensieri. Intangibili, inafferrabili, non raramente confusi, ma soprattutto non reali. Razionalmente lo sappiamo. Con il solo pensiero non possiamo certo diventare ricchi, o sentire il calore di un abbraccio, non possiamo aprire una porta e - anche se alcuni ci provano ripetutamente - nemmeno piegare un cucchiaino; su un pensiero non possiamo camminare o saltare, non possiamo ripiegarlo e poi mettercelo in tasca: non ha nulla di concreto. Eppure...
...Eppure
molto spesso, quando abbiamo pensieri di un certo tipo su noi stessi, crediamo
che si tratti della realtà. Specialmente se è da molto, molto tempo che ci
capita di avere proprio quel genere di
pensieri, se ci succede di ritornarci su più volte nel corso della giornata, se
quei pensieri contengono parole che ci sono state ripetute di frequente, magari
quand'eravamo molto piccoli e stavamo ancora imparando a conoscere il mondo,
gli altri e noi stessi: se ci è capitato sovente, ad esempio, di pensare di
essere giudicati dagli altri come imbranati, timidi, ridicoli, allora ci
riterremo imbranati, timidi e ridicoli.
La
nostra mente è capace di elaborare un gran numero di pensieri, alcuni più utili
ed alcuni irrilevanti, alcuni complessi ed alcuni più fugaci; molto
spesso questi pensieri si agganciano alle esperienze del nostro passato,
anche le più lontane, esperienze a volte molto spiacevoli, ripetutamente
spiacevoli e in qualche caso decisamente traumatiche. Tali eventi, vissuti in
un'età in cui eravamo oggettivamente in una condizione di dipendenza e di
vulnerabilità rispetto agli adulti, vengono di frequente rivissuti nel pensiero
con la stessa forza e lo stesso disagio sperimentati da bambini. Quando quelle
esperienze riemergono ci sentiamo di nuovo come se fossimo di fatto ancora
piccoli, indifesi, incapaci di reagire in modo diverso, adulto: ci percepiamo
come se fossimo adulti
deboli come bambini... Dimenticandoci per un attimo che siamo cresciuti,
che ora siamo nel presente, non nel passato, e che siamo stati, ma non siamo più
quelli di allora.
Alcune
volte la sofferenza legata a questi pensieri è così grande da farci dimenticare
cos'è successo esattamente quando abbiamo cominciato a sentirci così, gli
episodi svaniscono dalla nostra memoria e ancora di più tendiamo a confondere
passato e presente, convincendoci che ora siamo
sbagliati, inadeguati, fuori posto. Che quello che pensiamo riguarda proprio il
modo in cui ci sentiamo adesso e in cui veniamo visti dagli altri. Tenteremo di
scacciare questi pensieri portatori di emozioni negative, faremo di tutto per
"non averli più" e quindi non sentirci così, ma ci scontreremo con un
problema fondamentale: i pensieri non si possono sopprimere.
Più
tentiamo di cancellare un pensiero, e più quello si imporrà alla nostra
attenzione, esattamente come avviene - per esempio - ad un operaio che
debba selezionare la frutta che gli passa davanti su di un nastro
trasportatore; proprio nel tentativo di individuare i frutti non buoni, per poi
eliminarli, l'operaio sarà continuamente concentrato sul confrontarli tra loro
alla ricerca di possibili difetti. In altre parole, l'attenzione andrà tutta a
ciò che si vorrebbe escludere. Per chiarirlo ancora meglio con l'aiuto di un
vecchio esperimento: se adesso io vi chiedessi di non pensare ad un
rinoceronte con le ali di libellula?
Non
solo tentare di cancellare i pensieri sgradevoli è inutile (ottiene, anzi, il
risultato opposto): se per noi quei pensieri corrispondono alla realtà, di
fatto ci ritroviamo a fuggire da qualcosa che temiamo in quanto doloroso o
fastidioso, ma perdiamo l'occasione di sperimentare un atteggiamento nuovo, più
maturo verso quei pensieri e verso le esperienze legate ad essi. Continuiamo
a reagire come se fossimo ancora dei bambini vulnerabili e non gli adulti
che siamo ora. Come se quei pensieri ci obbligassero a stare ancora male come
allora, come se non ci fossero alternative.
È
davvero importante, perciò, che ci esercitiamo a distinguere i nostri pensieri
- soprattutto quelli fastidiosi - dalla realtà, imparando ad accettarli per
quello che sono, appunto: soltanto pensieri. La mindfulness ci aiuta a
fare questo portandoci a focalizzarci sulla nostra esperienza sensoriale in
maniera consapevole e a porre attenzione al presente, con un atteggiamento
di curiosità e di accoglimento. Questo ci permette di sperimentare un tipo
di rapporto completamente nuovo non solo con i nostri pensieri, ma con noi
stessi e con gli altri.
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