Fa
parte della nostra esperienza di ogni giorno il "percepire" dolore
quando vediamo qualcun altro che si fa male (per esempio, prendendo una storta
e cadendo, o magari sbattendo un gomito su uno spigolo...); ma come è possibile
che avvenga tutto questo? Se ne sono occupati recentemente T. Singer ed i suoi
collaboratori. Questi hanno costruito un disegno sperimentale dapprima
"reclutando" una serie di coppie legate sentimentalmente, ed hanno
poi sottoposto ognuna delle donne a risonanza magnetica funzionale (in modo da
registrare l'attività cerebrale), mentre nel contempo il partner sedeva accanto
allo scanner.
Si
davano a questo punto due diverse possibilità: in alcuni casi, una stimolazione
dolorosa veniva applicata alla donna, tramite un elettrodo posto a contatto
della sua mano destra; in altri, la stessa stimolazione veniva invece applicata
all'uomo, la cui mano poteva essere vista dalla compagna tramite uno specchio.
La ragazza poteva visualizzare su uno schermo, prima della scossa, delle luci di
colore diverso ad indicare chi avrebbe ricevuto la stimolazione: in questo modo
è stato possibile rilevare quali fossero le possibili differenze tra l'attività
cerebrale legata alla propria esperienza del dolore e quella connessa
all'osservazione del dolore provato dall'altro.
I
risultati hanno mostrato come, di fatto, vi sia una notevole sovrapposizione
tra le aree cerebrali coinvolte nelle due differenti situazioni sperimentali:
in entrambe le condizioni, infatti, si è potuta apprezzare un'attivazione dell'insula
anteriore e della corteccia cingolata anteriore dorsale. Questi stessi esiti
sono stati confermati in seguito da molti altri esperimenti, condotti da
diversi studiosi (ad esempio da I. Morrison e collaboratori), e registrando
l'attività dei singoli neuroni si è visto come alcuni di essi rispondano
selettivamente a stimoli di una determinata natura (calore, oggetti appuntiti,
freddo intenso), come alcuni "sparino" quando è il soggetto a
ricevere un determinato stimolo doloroso ed altri, invece, lo facciano quando
la persona osserva qualcun altro che sperimenta dolore.
Se
dunque esistono cellule nervose deputate a rispondere direttamente alla
percezione del dolore, ce ne sono altre che paiono essere specializzate nel
veicolare l'informazione visiva che informa sullo stato dell'altro,
sulla sensazione
dolorosa sperimentata dall'altro.
Vi
è davvero una notevole similitudine tra questo genere di neuroni ed i neuroni
specchio, ovvero quelle cellule che si occupano di trasformare la
percezione in azione, in termini di movimento ed obiettivo all'azione stessa:
le aree cerebrali che, come abbiamo visto, sono coinvolte nella percezione del
dolore trasformano, in questo caso, la percezione in sensazione in termini emotivi.
Anche se non possiamo realmente definire questi come "neuroni specchio
emotivi", si mantiene invariato il medesimo principio, secondo il
quale possiamo comprendere ciò che qualcun altro sta facendo o provando
utilizzando la nostra esperienza pregressa: facciamo questo utilizzando non
solo i circuiti legati al movimento, ma anche quelli dedicati all'elaborazione
delle emozioni.
L. Craighero (2010), Neuroni specchio. Bologna, il Mulino - Farsi un'idea
Nessun commento:
Posta un commento