Quante volte ci è capitato
di rimproverare qualche amica... o in qualche caso noi stesse, a causa di un
comportamento caratterizzato dal continuo correre in soccorso del partner,
dallo spirito di sacrificio e dalla rinuncia, dalla dedizione assoluta, dalla
spinta a soddisfare qualsiasi necessità (spesso prima ancora che questa venga
espressa) e pericolosamente vicino al masochismo? Se -com'è molto probabile- ci
siamo ritrovate più volte a fare questo genere di osservazioni, avremo
certamente avvertito, anche solo a livello emotivo (per così dire "a
pelle"), che dietro quello che può apparire come un atteggiamento generoso
ed amorevole spesso si celano dinamiche non sane, che possono rivelare fantasie
di onnipotenza come anche la presenza di una relazione caratterizzata da una
dipendenza profonda.
"Io ti salverò"
Il
partner della "crocerossina" è solitamente caratterizzato da alcuni
tratti ben riconoscibili: ha una storia problematica, è un personaggio
affascinante ma per molti versi ambiguo, passionale ma anche sfuggente, è
tendenzialmente complicato e "inafferrabile": tende ad attrarre
facilmente le donne (che sembrano maggiormente motivate dalla difficile
conquista), ma allo stesso tempo evita i legami. Con questo tipo di persona può
nascere una relazione molto intensa, piena di colpi di scena, avvincente come
un romanzo... Ma in genere la storia è costellata di momenti dolorosi e
frustranti, che si ripetono ciclicamente.
La
scelta di un partner "da salvare", un amore che si traduce nell'assistere
qualcuno che presenta una serie di problemi (di tipo psicologico, ma non solo)
e difficoltà, può portare infatti a concentrarsi totalmente sull'altra persona,
annullando i propri desideri: questo, prima o poi, causa inevitabilmente un
senso di avvilimento, e nel tempo può portare ad un vero e proprio logorìo, ad
una grande sofferenza. Cosa accade, inoltre, quando il "malato" per
qualche ragione inizia a stare meglio o in qualche modo si "ribella",
rifiutandosi di essere accudito? La "crocerossina", già provata dal
mancato soddisfacimento dei propri bisogni e dalla fatica (spesso neanche
percepita a livello consapevole, ma sperimentata in varie forme) di sopperire
alle necessità dell'amato, viene completamente destituita del ruolo di soccorritrice,
e la perdita di questa funzione incide negativamente sull'autostima della
donna, in gran parte fondata proprio sulla capacità di dare aiuto all'altro,
anche a costo di dimenticarsi di sé.
Le origini
Secondo
alcuni autori, il bisogno di soccorrere l'altro costituirebbe per così dire la
"riconversione" di un'altra necessità, quella di prestare aiuto ad
una parte sofferente di sé; ciò che si osserva nella maggior parte di queste
situazioni è la presenza di un contesto familiare originario nel quale la bambina,
in questo caso, ha dovuto effettivamente occuparsi degli altri (ad esempio,
genitori malati e/o problematici) e dei loro bisogni ed esigenze, mettendo da
parte la propria spensieratezza e a volte la propria infanzia, assumendosi
anzitempo responsabilità da persona adulta. Questo comportamento, una volta
consolidato, continua ad essere adottato nella vita adulta e purtroppo produce
ulteriore sofferenza nella donna, che resta chiusa in una sorta di circolo
vizioso. Ci si accontenta di qualche attenzione, di qualche brandello di
sentimento, dedicandosi completamente all'altro nella speranza che prima o poi
qualcosa cambi, che ci sia un "risarcimento" per ciò che è mancato in
precedenza: ma questo non ha nulla a che vedere con l'amore, e denuncia al contrario
la presenza di una forte dipendenza affettiva, nonché di una bassa autostima.
Se ci si riconosce in questo tipo di situazione è importante fermarsi, provare
per una volta a mettersi in ascolto dei propri desideri, ed eventualmente
pensare all'eventualità di intraprendere un percorso che renda possibile non
solo conoscere i propri bisogni emotivi profondi, ma anche provare a
realizzarli, per vivere certamente in modo più appagante il rapporto con
l'altro, ma in primo luogo per coltivare il proprio benessere e ritrovare una
maggior serenità.
Complimenti per l'ottima sintesi di quello che è un fenomeno molto presente non solo nelle donne co-dipendenti (in relazione con compagni con problemi di dipendenza da sostanza o non). Focalizza infatti il "problema" non sull'altro ma su di sè.
RispondiEliminaGrazie! :-)
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